
Bisogna andare lontano, prima di tornare vicini, a se stessi prima di tutti, e alla propria Heimat, parola che esprime un concetto più casalingo e meno guerresco di patria.
Continua a leggere…Bisogna andare lontano, prima di tornare vicini, a se stessi prima di tutti, e alla propria Heimat, parola che esprime un concetto più casalingo e meno guerresco di patria.
Continua a leggere…Un poeta sa estrarre le parole dal caos, dal brusio di fondo delle nostre vite, dal casino e dal cicaleccio, dalle urla e dalle chiacchiere nelle scuole e negli uffici, dalle frasi mormorate tra sé e sé dagli psicotici, scartati in fabbrica e in caserma, e ora balbettanti in metro e sui marciapiedi…
Continua a leggere…Quando il poeta russo Iosif Brodskij, nell’incipit quasi cinematografico di Fondamenta degli Incurabili…
Continua a leggere…Una volta, per le storie molto autobiografiche, per i tranches de vie con supposto interesse sociale o di particolare bizzarria – ma sempre rilevante da un punto di vista per così dire antropologico – Feltrinelli ebbe la geniale idea di varare una sorta di collana-recinto, i Franchi Narratori.
Continua a leggere…Impressiona, ascoltando Persona, il nuovo album di Marracash, uscito dopo quattro anni di silenzio (Status) e subito finito primo in classifica, la varietà persino eccessiva – il trasformismo, si direbbe in termini politici – del repertorio. Quasi che i quarant’anni abbiano chiesto al rapper un pedaggio di abilità e versatilità.
Continua a leggere…Ho un numero spropositato di libri di Peter Handke (Griffen, 1942), come tutti quelli che sono stati ragazzi negli anni Settanta. Più di quanti ne abbia letti, va bene, ma ne ho almeno venti. Romanzi, testi teatrali (ah, gli insulti al pubblico degli esordi!), poesie (poche), saggi narrativi sul juke-box e sui funghi, sul luogo tranquillo (il gabinetto, nientemeno) e sulla matita.
Continua a leggere…Sfondo una porta aperta dicendo che uno dei temi di László Krasznahorkai (Gyula, Ungheria, 1954) è l’aspettare dei pezzenti, l’estrema speranza che agita i miserabili. Si ritrovano in complottante attesa attorno allo Stabilimento abbandonato di Satantango (1985), presidiano il carrozzone misterioso di Melancolia della resistenza (1989), affollano la stazione della cittadina angusta che pare ritrovare un soffio di vita all’arrivo di un aristocratico demente ne Il ritorno del barone Wenckheim (2016, edito ora da Bompiani).
Continua a leggere…Molto prima che la parola Movimento indicasse i 5S e che si potesse insultare chiunque ovunque, in un’epoca lontana che precedeva pure l’avvento al potere di Berlusconi, al Teatro dell’Arte di Milano Giorgio Gaber portò il suo nuovo spettacolo di teatro canzone. Polli d’allevamento. Chi vide lo spettacolo in quella stagione, 1978/1979, ricorda un Gaber più magro e più attorcigliato del solito nel suo maglione d’ordinanza, più teso che ironico, più rabbioso che sarcastico.
Continua a leggere…Bong Joon Ho (Daegu, Corea, 1969) è stato esplicito: cari spettatori e critici, evitate di raccontare la trama del mio film. Non è del tipo che, se entri in sala e dici ‘Bruce Willis è un fantasma!’, lo mandi in fumo.
Continua a leggere…Sarà perché il tema dark del film, il suo tenebroso cuore, è un gioco sadico tra vittima e carnefice nel Labirinto senza Specchi; sarà perché Donato Carrisi, autore bestseller, per la sua seconda volta da regista sceglie una pista horror onnivora e densa di citazioni, dal noir Usa di serial killer alle sue declinazioni più intellettuali o più splatter; ecco, sarà per questo ma il game cinefilo per L’uomo del labirinto, prima ancora di provare a indovinarne il finale, diventa il cimento di elencare i remake, i prestiti e le strizzate d’occhio in un campionario di tortuosi e innumerevoli spaventi, sia visivi che mentali.
Continua a leggere…L’età giovane, al posto di Le jeune Ahmed – più prudente titolo per il box office italiano – è il nuovo tranche de vie licenziato da Jean-Pierre e Luc Dardenne: con vista assai acuta e efficace ritorno a un’estetica da camera a mano, i fratelli seguono da molto vicino, pedinandolo, quasi succhiandogli l’aria attorno, il loro protagonista.
Continua a leggere…Ci dev’essere, da qualche parte, un luogo dov’è possibile, sentirsi uomini e non caporali, scoprirsi vivi e mettersi sul serio in gioco, gettarsi nell’avventura della vita, ritrovandosi al fine meno borghesi e alienati, meno insignificanti e frustrati.
Continua a leggere…La vita biologica prima di quella sociale ha un limite di tempo, e di quantità, che la vita sociale poi scimmiotta. Mentre cresciamo, ed entriamo nei campi del lavoro e dei sentimenti adulti, con più o meno training di corpo cuore cervello, possiamo trovarci strozzati – incapaci di respirare – anche se ci sembra di aver eseguito un allenamento impeccabile.
Continua a leggere…È difficile affrontare la scomparsa di un artista: si accende spesso il disaccordo, la lite, tra gli eredi di sangue o quelli spirituali, su come gestirne i lasciti, manoscritti, files di computer o demo tapes che siano. E i fans hanno il fucile spianato: gli artisti sono di tutti.
Continua a leggere…Faccio una premessa 1. Non conosco bene le periferie, comprese quelle culturali, ma mi permetto di parlarne senza subire ricatti (tu non sai, ascolti solo mainstream e altre scemenze). 2. Leggo i testi delle canzoni, dei tracks, come una cosa a sé, alla stregua dei giurati di Stoccolma quando premiarono Dylan (nessuno mi dica: e la musica? Ascolta meglio la musica!).
Continua a leggere…Scary Stories To Tell In The Dark: scritte, sono la versione moderna e pop delle fiabe dei Grimm o dei racconti di Edgar Allan Poe, un po’ zio Tibia (Uncle Creepy) per chi se lo ricorda, un po’ trancio di horror di apparente serie B: le firmò il giornalista di Brooklyn Alvin Schwartz (1927-1992), prolifico autore best seller, ed entrarono nel cuore dei ragazzini americani con un picco di diffusione nei primi anni Novanta.
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Duecent’anni sono niente se comparati all’Infinito, soprattutto se è quello di Giacomo Leopardi: le stesure definitive datano 1818-1819.
Tra le domande esistenziali che chiunque può porsi la mattina sotto la doccia, ce n’è una piuttosto petulante: ma il nostro destino – ecco la domanda da ripetenti in filosofia morale – è già scritto nei minimi particolari o abbiamo la possibilità di cambiare qualcosa entro le coordinate in cui ci muoviamo intontiti dalla prosaicità quotidiana e dall’insignificanza?
Ambulance Songs (Arcana editore), richiama nel titolo e in copertina l’album On The Beach di Neil Young, disco quanto mai inquieto di una trilogia maledetta.
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