
Bisogna andare lontano, prima di tornare vicini, a se stessi prima di tutti, e alla propria Heimat, parola che esprime un concetto più casalingo e meno guerresco di patria.
Se in Amerigo “Pavana era un ricordo lasciato tra i castagni dell’Appennino”, per Francesco Guccini Pavana è il presente, di ex cantautore e di scrittore in carica: non è nemmeno un caso che il suo primo libro di rilievo, per Feltrinelli, si intitoli Cròniche epafàniche (1989).
Piccola eccezione al suo ritiro, una canzone, registrata a casa con l’aiuto di Mauro Pagani, che fa da cappello a un disco-progetto: Note di Viaggio – capitolo 1: venite avanti, in cui un gruppo di all stars si sono cimentate con i cavalli di battaglia del Maestrone.
Dice Guccini: “Natale a Pavana era una poesia dimenticata scritta in dialetto pavanese, lingua che sta morendo priva di una letteratura che la nobiliti”. 24 album e sette anni dopo l’Ultima Thule, l’album d’addio, il più grande cantautore italiano conquista e commuove con una storia che rimanda alle feste di una volta e a un’infanzia povera e mai dimenticata. Vale il disco, perché ci fa ritrovare le stesse castagne di Amerigo, il sapore di una stagione passata sempre presente, di una casa, di una montagna e di un torrente che tutti i fans di Guccini conoscono, il Limentra.
Il resto del best of è fatto per discutere, sempre fra fans: vi piace o no la raggelata Auschwitz di Elisa o l’Avvelenata minuettistica e in punta di penna rock di Manuel Agnelli? L’Incontro stile Boss di Ligabue o l’accorata con retrogusto mariachi Osterie di fuori porta di Bersani e Carboni? Pagani arrangia comunque con intelligenza pari all’estro e in netto debito col Prog da cui tanti anni fa provenne.
Fate voi. Ma grazie Maestrone, come sempre, per le emozioni, tante e diverse, e per la lucidità sempre spietata. Anno dopo anno, costi quel che costi.
Foto Roberto Piazza/Studio Iguana