
Quando il poeta russo Iosif Brodskij, nell’incipit quasi cinematografico di Fondamenta degli Incurabili…
…arriva da solitario straniero in una gelata Venezia invernale e, mentre aspetta in stazione l’unica persona che conosce, sente l’odore di “alghe sotto zero”, il profumo che gli fa subito amare la città dell’acqua – anche perché gliela accomuna a San Pietroburgo – non può sapere, Brodskij, futuro premio Nobel, che il suo libro veneziano nascerà per impulso del più torbido dei mecenati. Lo commissiona infatti (con nobile vocazione allo spreco?) il Consorzio Venezia Nuova, ente ministeriale dedicato alla salvaguardia della città lagunare, che diverrà il centro nevralgico e italo-kafkiano di un inestricabile pasticcio di ingegneria e tangenti.
Brodskij muore a Brooklyn Heights nel 1996, a 55 anni, ed è sepolto nell’isola di San Michele, il cimitero veneziano. Il Consorzio, identificato nel potente Giovanni Mazzacurati, guida e doge dell’ente fin dal 1983, implode col suo sistema di malaffare nel 2013, lasciando in eredità uno dei più mitologici mostri presenti in laguna, il famigerato Mose, tuttora inattivo perché non completato.
Dopo vent’anni – apprendiamo – è pronto al 93 per cento, come spiega il presidente del Consiglio; ma che venga ultimato quel 7 per cento, più che un sollievo, pare una minaccia: da infinite perizie e illustri pareri il sistema risulta non solo inefficace, ma pure superato e letteralmente arrugginito.
Ho in libreria un paio di copie di Fondamenta degli Incurabili stampate dal Consorzio Venezia Nuova in edizione fuori commercio nel 1989, un altro paio le ho regalate (l’edizione Adelphi, arricchita, esce due anni dopo, nel 1991). Una mattina, non molto prima dello scandalo giudiziario, come un qualsiasi turista mi era capitato di bussare al Consorzio Venezia Nuova, nel palazzo a un passo dal ponte dell’Accademia. Gentilissimi e solerti, alcuni impiegati erano spariti – immagino in enormi sotterranei ricolmi di libri – ed erano riapparsi con quattro copie in regalo di quella prima edizione che mi mancava e che io a torto pensavo difficile da trovare.
La riapro adesso e vado subito al finale, perché credo che possa dirmi qualcosa. Scrive Brodskij: “…acqua è uguale a tempo e l’acqua offre alla bellezza il suo doppio… Toccando l’acqua, questa città migliora l’aspetto del tempo, abbellisce il futuro. Ecco la funzione di questa città nell’universo. Perché la città è statica e noi siamo in movimento. La lacrima ne è la dimostrazione. Perché noi andiamo e la bellezza resta…”. Non è difficile capire: siamo in una storia di acqua e lacrime.
