FLAVIO BUCCI. Il lungo addio di un grande ATTORE MALEDETTO

Per la mia generazione, Bucci è stato Ligabue, certo, ma pure il pianista cieco di Suspiria, anche se lì aveva nascosti gli occhi, indimenticabili…

…e sopratutto fu lo stralunato protagonista del dimenticato Maledetti, vi amerò, esordio fulminante più per tempismo che per arte di Marco Tullio Giordana nel 1980.

Bucci qui era Svitol, un fuori corso dalla vita che si ritrovava in un’Italia e in una sinistra (armata) che non riconosceva più. Col suo cappello peruviano (anzi venezuelano), divenne l’emblema del cosiddetto Riflusso.

Ma le sue interpretazioni al cinema e in tv, e in teatro, dove eccelleva, riempiono fino agli anni Zero le schermate di Wikipedia.

Bucci era infatti un grande attore che passa adesso per un grande caratterista, forse anche perché aveva fatto una grande, grandissima scomparsa.

Raccontava l’anno scorso ai giornalisti che lo avevano stanato nella casa famiglia dove sopravviveva: “In teatro guadagnavo anche due milioni al giorno. Per fortuna ho speso tutto in donne, vodka e cocaina. Scarpe e cravatte che non mettevo mai. Mi sparavo cinque grammi di coca al giorno, solo di polvere avrò bruciato 7 miliardi. L’alcol mi ha distrutto? Lasci perdere discorsi di morale, che non ho. E poi cos’è che fa bene? Lavorare dalla mattina alla sera per arricchire qualcuno?”.

Insomma dove mai si trova uno che la tira, ma non se la tira? Grande, pazzo, saggio Flavio Bucci.

L’immagine in alto, che data ai Settanta e sembra allo stesso tempo reale e simbolica, con quella fiamma che incendia un diecimila lire, è un fotogramma da La proprieta non è più un furto di Elio Petri.

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