
Nell’album di Conor Oberst e Phoebe Bridgers sotto il moniker Better Oblivion Community Center, c’è la canzone Dylan Thomas, e il poeta è citato in due versi:
I’ll die like Dylan Thomas/To seizure on a barroom floor
Dylan Thomas bevve troppo alla White Horse Tavern, a Manhattan, dov’era arrivato per un tour di conferenze e letture, il quarto in terra americana dal 1950; collassò al Chelsea Hotel, mitico posto sfigato, stanza 205, e morì al Saint Vincent Hospital, in cui giunse già in coma, all’una di pomeriggio del 9 novembre del 1953: aveva 39 anni, festeggiati malamente in viaggio. E però la fine del gallese è avvolta in dubbi e congetture, in cui si citano lo smog incredibile di New York in quei giorni e il diabete del poeta, i problemi respiratori e un fegato piuttosto sano ad onta di una vanteria sui whisky ingollati (un record di 18), per non dire delle iniezioni di morfina dispensate da un medico premuroso e ambiguo, il dottor Feltenstein.
Comunque la diagnosi fu che Dylan Thomas morì per …a swelling of the brain caused by pneumonia and poor oxygen supply. E tutto termina qui. La moglie Caitlin Macnamara è già arrivata di corsa all’ospedale, e ha detto davvero: “Is the bloody beast still alive?”, prima di crollare e farsi dieci giorni nella clinica psichiatrica Rivercrest di Long Island. L’ultimo respiro di Thomas è raccolto da un altro poeta, pure lui accorso di fretta, John Berryman. Entrambi, Macnamara e Berryman, impediscono di scendere al tasso alcolico di questa storia.
Mi ricordo di aver letto la famosa frase della moglie nella prefazione di un Oscar Mondadori che raccoglie il meglio di Dylan Thomas. “Is the bloody beast still alive?”. Avevo comprato il libro da ragazzo. E peccato che di quell’Oscar, preso più che altro per vedere a chi Bob D. aveva rubato il cognome – ma era leggenda -, tenni a mente solo una poesia, spaventosa e spettacolare, Love in Asylum, e finsi di comprendere le altre.
Oggi ascolto Conor Oberst e Phoebe Bridgers che cantano:
I’ll die like Dylan Thomas/ To seizure on a barroom floor
E poco più avanti:
I’ll take a shower/At the Bates Motel

Sì, ma che cosa c’entra il bar di Dylan Thomas con le stanze a nolo di Psycho? Forse niente, forse sono finiti insieme in un elenco di spazzatura pop. O no?
“It’s kind of got a ‘doo, doo, do doo doo doo’ melody going on – così Pheobe spiega la canzone a Rolling Stone – but the lyrics are like heinous…” Il video del track, girato da Michelle Zauner dei Japanese Breakfast, aiuta a capire: ci porta all’interno dell’immaginario Better Oblivion Community Center, una sorta di setta sedotta dai riti farlocchi e un po’ new age della realtà virtuale, e suggerisce che c’è bisogno di scappare, di togliersi le tecno-bende della cecità contemporanea, affidandosi magari alle parole di un veggente ubriaco – e alla peggio, come la bloody beast, stramazzare sul pavimento di un bar, o lasciare stoici, nella variante Bates, che il sangue puro scorra nello scarico della doccia. Dai, va bene così.