
La recensione contiene spoiler ma non contiene giudizi politici su Craxi, qui si parla solo di un film.
Bettino Craxi, appunto. Ultimi giorni di Hammamet. Fine della prima Repubblica (forse) e di un leader minato dal diabete. Ultimi giorni lunghi e tediosi, inutili, di esilio o latitanza, in senso tecnico.
Gianni Amelio (regia, soggetto e metà sceneggiatura) li inquadra in una cornice scontata e farlocca – il rapporto con un giovane pazzo, figlio di un vecchio e puro compagno socialista – e poi si da allo spiegone mascherato, che c’è ma dovrebbe essere redento dall’Arte-polpetta avvelenata per l’Occhio.
Ci sono in Hammamet le stanze di vita quotidiana – la Figlia Guerriera e la Moglie Svagata – e una serie di siparietti, dall’intento didascalico, in senso politico e umano, dato che appaiono personaggi con una funzione sola, il Capo dell’Altro Partito, il Nipotino garibaldino, il Figlio mediatore, gli Italiani scesi da un pullman che riconoscono il leader e si inferociscono, l’Amante che prende stanza all’hotel di Tunisi per l’ultimo (o qualcosa del genere) abbraccio.

Bettino (mai nessuno lo chiama per nome e cognome nel film) tiene botta, si inacidisce, ringhia, sprofonda, si racconta, svicola, si ingozza (occhio agli zuccheri), fa calare sul tutto la maschera di uomo duro e deluso – e sotto la maschera e la pelata, con raccordo visibile sulla fronte, suda un mimetico Pierfrancesco Favino – per due ore e spiccioli. Intanto il maestro Nicola Piovani morriconeggia con la soundtrack o scompone in tanti pezzettini lirici l’Internazionale, che abbiamo sentito cantare nella scena iniziale, il trionfo del congresso con la piramide di Panseca.
Dopo i tanti film politici da Bagaglino ante litteram e quelli, innovativi, con il personaggio reso da un mood (l’Andreotti e il Berlusca di Paolo Sorrentino), Amelio sceglie una tranquilla terza via. Il realismo simbolico. Ma annoia molto e va spesso a sbattere nell’inconcludenza scrittoria, nella povertà visiva e nel russio dello spettatore.
Abbiamo rivisto volentieri il grande Omero Antoniutti nei panni del Padre ma rinunciavamo altrettanto volentieri all’Ultimo Sogno Felliniano di Craxi al Varietà. E alle High Windows di Philip Larkin citate e inquadrate nel finale e rotte da una fiondata metaforica del piccolo leader in forma di Bettino-Pierino.
Un docu di mezz’ora, no?
Mi sembra un film inutile, cosi come inutili e brutti erano i due film di Sorrentino. Giusto per non usare aggettivi anche peggiori. Nulla a che vedere con il Nixon di Oliver Stone, giusto per restare in tema di presidenti molto potenti che sono finiti poi un pelo male.
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